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Rapporto CSC. Un cambio di paradigma per l’economia italiana: gli scenari di politica economica

Il Centro Studi Confindustria stima un profondo calo del PIL italiano, pari a -10% nel 2020, con un recupero parziale nel 2021 del +4,8%. Con la crisi da COVID-19 l’Italia ha avuto una contrazione in termini di Pil che porta il Paese indietro di 23 anni. Una vera e propria “tempesta perfetta”, causata in marzo-aprile da un doppio shock di domanda e offerta, che ha prodotto effetti dirompenti sull’economia italiana. Con la fine del lockdown, la domanda, che in vari settori si era azzerata, è risalita, rilanciando l’attività nell’industria. Questo ha determinato un rimbalzo del PIL nel terzo trimestre 2020, nonostante il recupero lento nei servizi, gravati dal crollo dei flussi turistici.

Tuttavia, nel quarto trimestre del prossimo anno il livello del reddito sarà ancora inferiore di oltre il 3% rispetto a fine 2019 e molto lontano dai massimi di inizio 2008, di circa 8 punti percentuali.

La debolezza attesa per l’economia nel quarto trimestre si spiega con l’incertezza dovuta alla risalita dei contagi. Il recupero del PIL dovrebbe riprendere in modo graduale da inizio 2021, a condizione che le misure di contenimento della pandemia siano applicate in maniera efficace.

Nei 30 anni tra 1991 e 2021 il PIL italiano ha accumulato una distanza di 29 punti percentuali dalla Germania, 37 dalla Francia, 54 dalla Spagna, soprattutto a causa della flebile – talvolta nulla o negativa – dinamica della produttività del lavoro negli ultimi decenni. Tra il 1996 e il 2019 l’Italia ha registrato, in media, un aumento dello 0,3% annuo della produttività del lavoro, mentre in Germania è salita dello 0,7% annuo e in Francia e Spagna dello 0,8%.

Per risollevare l’economia italiana e accrescerne strutturalmente il potenziale di espansione, serve un cambio di paradigma, intervenendo proprio dove la dinamica della produttività è bloccata. Occorre quindi rendere più efficiente la pubblica amministrazione, aumentando e velocizzando la qualità dei servizi pubblici e rivedendo le modalità con cui le decisioni pubbliche vengono tradotte in norme. Serve inoltre imprimere una forte accelerazione agli investimenti pubblici, determinanti per la costruzione di capitale fisico, umano e di conoscenza, puntando su infrastrutture tradizionali, ricerca, digitalizzazione, innovazione, formazione e sostenibilità ambientale.

Un esempio positivo di queste politiche è rappresentato dalle agevolazioni agli investimenti privati in beni strumentali previste nell’ambito del piano Industria 4.0. Dall’analisi svolta congiuntamente da CSC e MEF sulle dichiarazioni fiscali, emerge che i benefici fiscali, nel 2017, hanno interessato 10,2 miliardi di euro di investimenti, per il 2018 gli investimenti sono di 15,2 miliardi; investimenti realizzati in prevalenza da piccole e medie imprese che non avevano effettuato investimenti in tecnologie 4.0 prima del 2017. Questi investimenti hanno prodotto una maggiore crescita occupazionale nelle imprese che hanno beneficiato dell’agevolazione, rispetto ad imprese simili che non ne hanno beneficiato, di circa 7 punti percentuali.

Gli strumenti introdotti a livello europeo per contrastare l’impatto economico dell’emergenza sanitaria, Next-Generation EU, Sure e Mes, costituiscono un’opportunità unica per programmare un futuro in cui la dinamica del PIL sia più elevata. L’Italia è a un bivio cruciale: se le risorse di questi strumenti verranno investite in modo appropriato, potenziandone gli effetti e portando avanti riforme troppo a lungo rinviate, la strada intrapresa sarà quella giusta. Altrimenti, l’Italia sarà condannata a rimanere un Paese in declino, gravato da un enorme debito pubblico che non riuscirà a ripagare.

Il Rapporto e le slide sono disponibili sul sito di Confindustria a questo link e in allegato.